La parola rigenerazione in agricoltura
Intervista a Enea Burani, co-fondatore della cooperativa La Collina
Tutto è iniziato come il sogno di dodici amici. È il 1975 quando, quelli che oggi sono i fondatori della Cooperativa agricola La Collina di Codemondo (Reggio Emilia), hanno affittato un appezzamento di terreno, scegliendo di coltivarlo e di costruire nello stesso luogo una casa dove poter vivere tutti insieme. Inizialmente l’attività agricola è di tipo tradizionale e cominciano a produrre latte per il parmigiano e uva per il lambrusco, il cuore dei prodotti gastronomici di questa terra. Ma non si fermano all’agricoltura e si aprono anche al sociale accogliendo in quella stessa terra e nella casa in cui vivono anche persone con un passato legato all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Nel 1985, tra i primi a farlo, passano dall’agricoltura tradizionale a quella biologica e nel 1996 fanno un salto ulteriore verso l’agricoltura biodinamica, dopo una sperimentazione di tre anni che li ha portati ad osservare un cambiamento radicale del terreno, percepito anche dal consumatore, con una maggiore fertilità e vita del terreno.
Oggi qui le persone trovano un luogo estremamente vivo: cinquanta ettari di terreno in cui si coltivano con il metodo biodinamico ortaggi e cereali di varietà antiche, trasformate in farina per la vendita; ci sono anche un allevamento di galline ovaiole e un negozio Natura sì. Nel tempo da La Collina sono nate anche due cooperative: La Quercia, che si occupa del recupero di ragazzi e ragazze con problemi di dipendenza, e La Vigna, che si occupa di inserimento lavorativo dopo il percorso di recupero a La Quercia.
Un’azienda visionaria in cui si incontrano ancora alcuni dei figli di quei dodici sognatori, uno di questi è il presidente è Andrea Ferretti. E tra i soci fondatori lavora ancora oggi Enea Burani, che si occupa della zootecnia e del settore vitivinicolo. Con lui abbiamo parlato del concetto di rigenerazione, un tema fondamentale per la biodinamica che, invece di guardare alla conduzione dell’azienda solo nell’ottica dell’efficienza, si concentra sulle modalità con cui aiutare la terra e dare nuova vita ai suoli.
“La collina di Reggio Emilia” è un’azienda biodinamica. Tra i principi chiave di questa certificazione c’è l’impegno di restituire alla terra più di quello che trae. Per voi cosa significa questo?
Per noi restituire alla terra più di quello che prendiamo è un’azione obbligatoria e ovvia. In agricoltura biodinamica il rapporto tra l’uomo e la terra è simbiotico e la restituzione è una forma di ringraziamento, mai ci verrebbe in mente di togliere qualcosa alla terra senza restituire. La biodinamica non si ferma alla terra, ha una visione superiore, che mira in alto e che, attraverso le pratiche agricole, manifesta anche un concetto morale, un modo di intendere la vita e l’ambiente. L’agricoltura biodinamica ha qualcosa in più rispetto alle competenze agronomiche, è agricoltura dell’anima.
Come date nuova vita ai suoli? Come curate il terreno o scegliete le sementi più adatte?
Quando abbiamo iniziato a coltivare la terra secondo il metodo biodinamico, siamo partiti innanzitutto cambiando tutta l’attrezzatura. Siamo passati, ad esempio, a trattori leggeri per non rovinare il terreno, e poi abbiamo agito affinando l’osservazione. In biodinamica l’osservazione è fondamentale. Nel mio caso ho rimesso in discussione tutti i miei studi agrari e, dopo sessant’anni, grazie all’osservazione sto ancora imparando. Osservare, osservare, e ancora osservare. Questo approccio fa la differenza.
La rigenerazione si può realizzare completamente solo con un atteggiamento olistico. Questo comprende anche la presenza di animali: quali sono le vostre scelte?
La rigenerazione per noi è la capacità di mantenere il terreno fertile e vivo, la rigenerazione è vita. E l’animale è prezioso in questa direzione. Noi abbiamo scelto di avere animali, non per il guadagno, ma perché sono fondamentali alla vita del terreno: per il letame che ci danno, per il foraggio che mangiano. Un approccio olistico comprende il tutto e il tutto è fatto da un insieme. Così i nostri bovini e le nostre galline ovaiole permettono a questo cerchio di chiudersi.
Oltre a restituire alla terra, voi restituite anche alle persone. In che modo?
La nostra cooperativa, fin dall’inizio, è sempre cresciuta accogliendo persone con difficoltà nel nostro progetto. Fino a qualche anno fa le nostre famiglie vivevano insieme a persone con un passato legato a problemi di droga, che qui hanno trovato un luogo di accoglienza per ricominciare. Adesso vivono all’interno della comunità con gli operatori, ma sono partecipi della vita dell’azienda facendo ad esempio lavori agricoli: nel loro percorso terapeutico abbiamo una relazione stretta.
Ma più in generale siamo un’azienda aperta che ha rapporti con il mondo intero sui temi della pace, dell’ambiente e dell’economia. Li coltiviamo facendo parte di diverse associazioni. Alcuni dei nostri progetti? L’attivazione di uno sportello di avvocati di strada a Reggio o il recupero degli scarti dai supermercati per ridistribuirli alle persone senza tetto. Tutto questo ci tiene vivi.
La rigenerazione nel sociale aiuta quindi a diffondere concetti di vita.
Assolutamente sì. Per noi la rigenerazione non è solo legata alla terra, ma è anche la capacità di rigenerare il pensiero delle persone vicino a noi facendo quello che facciamo. Il nostro percorso non è stato capito fin da subito: quando abbiamo avviato il nostro progetto, le persone ci vedevamo come una comune nata nel 1968 e quando abbiamo iniziato a fare agricoltura biodinamica tutti ci dicevano che non avrebbe funzionato. Poi piano piano, sono arrivati i risultati e siamo diventati un esempio per altre aziende che hanno intrapreso lo stesso percorso. Ci sentiamo parte del cambiamento attorno a noi, e anche questa è rigenerazione.
di Claudia Zigliotto